“Il sonic branding crea equity e genera una brand identity differenziante che accresce la fiducia dei consumatori. Italia in ritardo, ma le opportunità stanno crescendo”

Come spiega ad ADVexpress Michele Arnese, Global Ceo di amp (nella foto), il primo passo è un ‘sound logo’ come quelli di Intel o McDonald’s. Oggi, però, serve molto di più: in un mondo full digital e always on, l’importanza della componente sonora e i benefici di una strategia audio in termini di riconoscibilità, differenziazione e vera e propria brand equity sono innumerevoli. Anche con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale.

“Negli ultimi anni i brand hanno investito moltissimo nella comunicazione visiva – esordisce Michele Arnese, Global Ceo di amp, società specializzata in sonic branding recentemente acquisita da Landor & Fitch –, ma a discapito di quelli che sono i punti di contatto ‘audio’ che permetterebbero loro di differenziarsi, soprattutto nei casi in cui la parte visiva si confonde in una situazione di generale affollamento o quando è addirittura assente. Una componente audio riconoscibile dà alla marca un reale e concreto vantaggio competitivo”.

A testimonianza di quanto detto, Arnese porta il lavoro di amp per un cliente significativo come Mastercard, che in questo ambito è stato un precursore: “Lavoriamo con loro da 5 anni e insieme abbiamo realizzato quello che si può definire il benchmark di una moderna sonic identity. Per esempio, una delle moltissime cose che abbiamo realizzato è il suono che si sente nel momento in cui si paga con la carta: GFK e altri istituti di ricerca hanno misurato e verificato che il livello di trust dei consumatori quando pagano con il suono confrontato a quando il pagamento non ha un accompagnamento sonoro è di ben 3 volte più alto!

Più in generale, introdurre il suono come elemento emozionale e di riconoscibilità del brand in un contesto audio, non solo differenzia quella marca in maniera più solida, ma crea anche un elemento di fiducia che contribuisce a proteggere dalla perdita di transazioni o dalla decisione dei consumatori di rivolgersi altrove”.

L’audio, in sostanza, contribuisce a far sentire il consumatore parte ancora più attiva dell’ecosistema del brand attraverso tutti i sensi. “I touchpoint audio negli ultimi anni sono cresciuti moltissimo – prosegue Arnese –: si viene da una situazione in cui il sound logo si limitava agli ultimi 3 secondi di uno spot televisivo, basta ricordare quel che già facevano McDonald’s, Intel e altri 20 anni fa, mentre oggi viviamo in una modalità di 'always on content’, sui social e sul digital, fatta di reels, di podcast, di radio (che non ha certo perso di importanza). Quindi un intero universo sonoro in cui un brand che non abbia una strategia audio ben definita rischia di perdere moltissime opportunità”.

Il sound branding è la disciplina che traduce una marca in suono e la applica a tutti gli audio touchpoint: il lavoro di amp è di consulenza ma, puntualizza Arnese, anche di vera e propria creazione di tutte le espressioni sonore della marca: “Per restare all’esempio Mastercard, tutto il content che il brand pubblica sui social come Instagram, Facebook e YouTube, i suoni delle app, l’audio degli spot televisivi (come l’ultimo reralizzato con Lionel Messi), la sponsorizzazione della Champions League: è tutto creato dal nostro Sonic DNA® approach”.

L’acquisizione da parte di WPP e il ruolo dell’Intelligenza Artificiale Lo scorso aprile, amp è stata acquisita da Landor &Fitch ed è così entrata a far parte del Gruppo WPP: quali i benefit di questa operazione secondo Arnese?

“La cosa fondamentale è che abbiamo l’opportunità di affrontare il tema audio insieme al cliente molto prima di quanto accadesse di solito, quando spesso il discorso arrivava solo alla fine del processo di costruzione della brand identity, o anche solo di una campagna di comunicazione. Lavorare con una design company come Landor vuol dire poter inserireil suono in un discorso integrato, offrendo al brand un approccio olistico. Inoltre, far parte di un Gruppo come WPP si traduce in opportunità di sinergie molto più vaste con tutte le sue altre agenzie, mettendo a loro disposizione i tool che amp ha creato utilizzando l’Intelligenza Artificiale”.

A questo proposito, che ruolo ha l’IA nel percorso consulenziale e creativo di amp?

“A monte di tutto ci sono il nostro lavoro e il processo creativo insieme ad artisti di tutto il mondo per costruire le basi di un sound di marca: una volta che queste basi sono state create, l’Intelligenza Artificiale diventa un supporto indispensabile per ‘scalare’ la quantità di asset necessari a soddisfare l’output audiovisivo dei clienti – nel caso di Mercedes, per esempio, a livello globale sono centinaia ogni settimana. Con l’IA possiamo creare nuova musica basandola su musica esistente, utilizzando le melodie di un brand ma arrangiandole in stili diversi: tutto attraverso il nostro set proprietario di strumenti di Generative AI, Sonic Hub®. E ancora, possiamo usare l’IA, attraverso un sistema basato sul machine learning, per testare l’audio prima che vada sul mercato e senza che sia necessario passare dai consumatori”.

Arnese sottolinea come decisamente non secondario anche l’aspetto virtuoso dell’approccio strategico di amp da un punto di vista di efficienza: “Quella che si crea con il sonic branding è vera e propria brand equity – spiega infatti –: il suono realizzato per la marca diventa proprietà intellettuale della marca stessa. Nel momento in cui si affida all’Intelligenza Artificiale per espandere la tavolozza di suoni e musiche a sua disposizione, lo fa partendo dal suo DNA e dal suo copyright – il che consente di creare nuova musica per le nuove campagne risparmiando mediamente fino al 40% del budget”.

Il mercato italiano fra ritardi ed eccellenze

In Italia c’è una visione ancora molto ‘tattica’ dell’uso dell’audio, racconta Arnese, “Perché solitamente arriva solo alla fine di una produzione e nella maggior parte dei casi ci si affida all’agenzia di advertising. I casi di investimento strategico da questo punto di vista sono ancora molto rari. Un’eccezioni è stata quella del Gruppo Unicredit, che abbiamo iniziato a seguire fin dal 2014 e che a livello italiano e non solo è stato davvero all’avanguardia sul fronte della sonic identity successivamente applicata in tutta Europa. Merito soprattutto della capacità di visione del team branding di Unicredit, che ha creduto nell’importanza di affidare anche all’audio una parte importante della sua identità”.

Dell’anno scorso è il lavoro svolto per Generali, per la quale amp ha sviluppato la nuova identità sonora in fase di lancio e applicazione proprio in questo periodo, touchpoint dopo touchpoint: dalle convention, ai social, alla televisione.

Aggiunge Arnese: “In Italia ci sono altre aziende che hanno intrapreso i primi passi sulla strada del sonic branding – Enel, per esempio, utilizza un ‘sound logo’ – ma diciamo che lo hanno fatto con una visione un po’ più datata e meno flessibile rispetto a quella di Unicredit e Generali: il logo si piazza infatti solitamente alla fine di uno spot, ma quando quel filmato va su YouTube e diventa skippable dopo i primi 5 secondi, quanti saranno quelli che arrivando fino alla fine lo vedranno e lo sentiranno davvero?”

“Negli ultimi mesi ho avuto parecchi meeting con agenzie e aziende italiane, e sicuramente c’è una sensibilità crescente. I grandi player come Mastercard, Mercedes e altri, hanno creato così tanto rumore attorno a questo argomento che anche in Italia i clienti sono stati sollecitati e hanno inziato a chiedere alle loro agenzie di cominciare a pensare all’audio branding. ma tornando all’esempio di Generali, è il cliente che è arrivato da noi per sua iniziativa, non tramite l’agenzia”.


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